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02 DICEMBRE 2024

Intelligenza artificiale: opportunità e sfide per le compagnie assicurative

La trasformazione causata dall’AI è di tale portata che richiede una riflessione strategica da parte del top management delle imprese. Secondo l’analisi di Mbs Consulting, sarà fondamentale promuovere una cultura aziendale consapevole, in grado di affrontare anche le questioni normative ed etiche più spinose.


L’intelligenza artificiale e, in particolare l’intelligenza artificiale generativa, rappresenta una delle più importanti trasformazioni degli ultimi anni e la sua evoluzione sta procedendo a una velocità senza precedenti rispetto ad altre disruption tecnologiche; a titolo esemplificativo, l’ultimo modello rilasciato da OpenAI (OpenAI o1 del settembre 2024) evidenzia la capacità di rispondere a problemi complessi con un QI di 121. Si tratta del primo modello AI con performance che superano la media del quoziente intellettivo umano.

La rapidità di questo fenomeno ha sviluppato un hype-cycle tipico delle tecnologie emergenti, favorendo una crescente diffusione di applicazioni di intelligenza artificiale sul mercato e di attività di sperimentazione con grandi aspettative sugli impatti attesi. Ci troviamo a valle di una prima ondata di entusiasmo da parte degli investitori, in una fase ancora di ricerca della cosiddetta Gen AI killer application: le grandi aziende tech continuano a investire massicciamente nello sviluppo di modelli dotati di meccanismi di ancoraggio più solidi (ad esempio sistemi AI ad agenti), concentrandosi sul miglioramento dell’integrazione di strumenti per la verifica dei fatti e la qualità dei dati.


Quando: è ora il momento per valutare gli impatti

Di non secondaria importanza, nel giugno 2024 l’Unione Europea ha introdotto l’AI Act, il primo provvedimento normativo al mondo dedicato alla regolamentazione organica dei sistemi AI, il cui obiettivo è garantire un utilizzo responsabile dell’intelligenza artificiale nelle aziende, mitigando i rischi legati (i) alla privacy dei dati (ii) alla proprietà intellettuale (iii) alla disinformazione (iv) alla governance dell’AI. In questo contesto, in continua e rapida evoluzione, tutte le aziende, comprese le compagnie assicurative, si interrogano su quando, in che misura e con quali modalità sviluppare una strategia AI all’interno della propria azienda, con riflessioni che spaziano dalla monetizzazione su larga scala di queste tecnologie alle implicazioni regolatorie ed etiche derivanti dal ridisegno dei propri processi interni. Il dibattito sulla Bubble AI rimane attuale (Gen AI: too much spend too little benefit, Goldman Sachs 2024), ma complessivamente la letteratura evidenzia un diffuso ottimismo sugli impatti della nuova tecnologia, riconoscendo l’elevato potenziale dell’AI generativa. È ormai imprescindibile avviare una riflessione strategica sull’AI per non rischiare di restare indietro in un mercato sempre più competitivo: il prossimo triennio sarà chiave per i c-level che dovranno definire le aree di investimento, valutare gli impatti attesi sul business e avviare un graduale processo di trasformazione.


In che misura: selezionare i processi da trasformare

L’adozione diffusa dell’AI richiede un approccio strategico che vada oltre la semplice implementazione tecnologica, coinvolgendo in modo attivo business owner, risorse umane e l’intera organizzazione. La valutazione delle modalità di diffusione deve combinare (i) il potenziale impatto atteso dal ridisegno dei processi, (ii) la disponibilità di competenze specialistiche nell’organizzazione e (iii) una cultura aziendale pronta ad affrontare il cambiamento.

Nel mercato assicurativo, le soluzioni più diffuse oggi spaziano dai chatbot virtuali per assistenza costante al cliente all’automazione nella lettura documentale e alla gestione e indirizzamento dei workflow operativi (principalmente nelle aree sinistri e assunzione), fino a nuovi strumenti a supporto degli intermediari nei processi di vendita. Le migliori performance si evidenziano in processi caratterizzati da:

  • analisi di grandi volumi di dati con pattern e strutture semantiche abbastanza ripetitive (analisi ed elaborazione di grandi quantità di documenti standardizzati o form di richiesta supporto ticketing);
  • attività con input ripetitivi in linguaggio naturale (data entry, risposte a domande standard dei clienti);
  • sviluppo di output che seguono un formato standard, ma richiedono anche personalizzazione (ad esempio le comunicazioni di marketing).

Oltre a un’attenta valutazione sulle performance tecniche, l’approccio all’adozione dell’AI in azienda deve tenere conto della presenza e diffusione di competenze specifiche all’interno dell’organizzazione. Attualmente, poche soluzioni disponibili sul mercato sono realmente pronte per un’adozione su larga scala e il principale fattore critico di successo risiede nella disponibilità di figure esperte con competenze specifiche (prompt engineering), che collaborino con chi conosce a fondo gli snodi chiave dei processi di business per sviluppare sistemi AI ottimizzati. Un tale approccio consente di adattare i modelli Llm generalisti alle specificità aziendali, minimizzando errori e fenomeni di allucinazione.


Con quali modalità: mindset sperimentale in un ecosistema aperto

È stato ampiamente sottolineato che ci troviamo davanti a una nuova tecnologia la cui traiettoria evolutiva deve ancora essere pienamente definita: è quindi opportuno adottare un approccio di sperimentazione diffuso e finalizzato a rilasciare rapidamente alcune prime Proof of Concept (PoC) per chiarire i possibili impatti e valutarne il valore aggiunto. Le sperimentazioni dovrebbero seguire un approccio agile, che favorisca la comunicazione aperta tra i team e la condivisione dei primi risultati, creando così un ambiente favorevole al cambiamento. L’orizzonte temporale di una sperimentazione tipo dovrebbe essere misurato in settimane (nelle recenti esperienze di Mbs Consulting abbiamo sviluppato nuovi Gen AI use-case anche in sei e otto settimane di lavoro), piuttosto che nei tradizionali Gantt di sviluppo IT con orizzonti semestrali.

In un contesto caratterizzato da specializzazioni sempre più verticali e tecnologie all’avanguardia, costruire un ecosistema di partner strategici non solo può accelerare lo sviluppo di queste PoC, ma può anche aprire a interessanti scenari di collaborazione, come fusioni e acquisizioni. In conclusione, non esiste ancora un piano perfetto per garantire il successo nell’adozione dell’AI all’interno delle aziende. Una trasformazione di tale portata richiede una riflessione strategica da parte dei c-level focalizzata sulla sostenibilità degli obiettivi e sulla maturità dell’organizzazione nell’affrontare il cambiamento. È fondamentale prevenire una dipendenza eccessiva dalla tecnologia promuovendo al contempo una cultura aziendale consapevole, in grado di affrontare con competenza le sfide normative ed etiche legate all’uso di questi strumenti.


Chiara Bonomelli, partner Innovation Team

Andrea Morelli, data scientist senior Innovation Team