La nuova disciplina sulla Crisi d'impresa è una vera rivoluzione per il nostro ordinamento giudiziale. L’imprenditore dovrebbe avere meno difficoltà a far emergere tempestivamente lo stato di crisi d’impresa.
La nuova disciplina sulla Crisi d’impresa è una vera rivoluzione per il nostro ordinamento giudiziale. La normativa fornisce maggior spazio a strumenti alternativi di risoluzione della crisi oggi ritenuti più efficienti dell’attuale legge fallimentare. Escono di scena termini come “fallito” e “fallimento” e vengono sostituiti da “debitore” e “liquidazione giudiziale”: la logica seguita è quella “debtor oriented” già utilizzata presso altri ordinamenti europei (tra cui quelli di Francia, Germania e Spagna). In questo modo l’imprenditore dovrebbe avere meno difficoltà a far emergere tempestivamente lo stato di crisi d’impresa.
Più tempestiva la fase di allerta
Fra i punti più importanti della nuova disciplina c’è la fase di allerta ovvero un momento dedicato alla pronta emersione della crisi d’impresa. Si tratta di uno strumento stragiudiziale attivabile:
– dal debitore;
– d’ufficio dal Tribunale su segnalazione dei sindaci, dei revisori contabili o anche da creditori pubblici qualificati, quali l’Agenzia delle Entrate.
Al fine di consentire un tempestivo rilevamento dello stato di crisi d’impresa, all’imprenditore collettivo viene chiesto di adottare un assetto organizzativo adeguato, mentre all’imprenditore individuale viene chiesto di introdurre misure idonee per una rilevazione tempestiva.
La rendicontazione non può più limitarsi nella misurazione consuntiva (di norma annuale in sede di approvazione del bilancio) dei risultati economici, finanziari e patrimoniali dell’impresa, ma è necessario un monitoraggio dinamico (con cadenza periodica) e prospettico dei fatti aziendali per il perseguimento degli obiettivi previsti dalla normativa:
a) rilevazione tempestiva delle crisi;
b) garanzia di continuità aziendale.
Lo scopo, infatti, è sia quello di evitare uno stato di crisi irreversibile sia quello di incentivare il raggiungimento di un accordo tra l’imprenditore e i suoi creditori.
Rilevazione degli strumenti di allerta
Per calcolare gli indicatori della crisi sono stati individuati degli strumenti di allerta tra cui quelli costituiti dagli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività svolta dal debitore: questo indicatore è calcolabile tenendo conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i 6 mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso.
Le modalità di calcolo degli indici di allerta e la loro interpretazione
Il documento emanato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili relativo agli indici di allerta della crisi d’impresa realizzato con Cerved, come prescritto dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019)e sottoposto all’approvazione del MISE, illustra nel dettaglio le modalità di calcolo degli indicatori di cui al 1°* e 2° **comma dell’art. 13 In particolare:
gli indici di cui al comma 1 si applicano indistintamente a tutte le imprese e sono il PATRIMONIO NETTO e il DSCR (debt service coverage ratio) che fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa se:
-il patrimonio netto è negativo
-DSCR a sei mesi < 1
Qualora non sia disponibile il DSCR o il Patrimonio netto sia positivo e il capitale sociale sia sopra il limite legale, si calcolano gli indici di allerta al comma 2 che presentano valori soglie differenti per settori economici.