L’intelligenza artificiale è entrata, nel giro di pochissimo tempo, nei flussi di lavoro quotidiani di chi si occupa di contenuti. E come spesso accade quando una tecnologia accelera così rapidamente, il dibattito si è polarizzato: entusiasmo totale da un lato, rifiuto netto dall’altro.
In mezzo, però, c’è la parte più interessante: l’esperienza concreta. Quella fatta di test, errori, tentativi, ripensamenti e, soprattutto, di metodo. È da qui che nasce questo articolo: dalla voglia di condividere cosa abbiamo davvero imparato lavorando con l’AI, lontano dall’hype e dalle semplificazioni.
Prima dell’arrivo dell’AI generativa, il nostro lavoro sui contenuti seguiva un processo strutturato e interamente umano. Strategia, piano editoriale, scrittura, revisione, approvazione: ogni passaggio era presidiato da persone, competenze e confronti continui.
Era un metodo che funzionava bene e che garantiva qualità, coerenza editoriale, aderenza agli obiettivi del brand. Ogni contenuto era il risultato di un pensiero consapevole, di una scelta precisa, di una responsabilità chiara.
Allo stesso tempo, però, aveva dei limiti evidenti. Molte attività erano ripetitive e ad alto carico operativo, cosa che dilatava i tempi di produzione. Una parte significativa delle energie del team veniva assorbita dalla “meccanica” del contenuto – riscritture, controlli, aggiustamenti – più che dalla sua progettazione strategica.
Quando ChatGPT viene rilasciato, a fine 2022, ci siamo approcciati allo strumento con un certo scetticismo, quasi con l’obiettivo di confermare un’idea già formata: i contenuti scritti da esseri umani sono migliori.
E, in effetti, i primi risultati sembravano dare ragione a questa posizione. I testi generati dall’AI avevano uno stile piatto, facilmente riconoscibile, poco personale. Soprattutto, sbagliavano spesso: errori fattuali, imprecisioni, affermazioni verosimili ma non corrette. Tutti elementi incompatibili con standard editoriali professionali.
In quel momento, l’AI sembrava più un rischio che un’opportunità. Ma forse eravamo noi a non avere ancora capito come usarla bene.
Con il tempo è diventato evidente che il punto non era scegliere tra l’umano e l’AI, ma capire come e dove l’AI potesse essere utile all’interno di un processo già strutturato. Abbiamo iniziato a considerarla come uno strumento di supporto, efficace nel velocizzare alcune fasi operative e nel migliorare l’esecuzione, a patto che partisse da un pensiero critico chiaro e da indicazioni precise.
In questo senso, il nostro approccio non è cambiato nei fondamentali. Strategia, obiettivi, struttura e tono restano definiti dalle persone. L’AI interviene in un secondo momento, per rendere il processo più efficiente, senza sostituire il giudizio, la responsabilità e la direzione editoriale.
Lavorare con l’AI, sia sui testi sia sulle immagini, ci ha insegnato che il valore non sta nello strumento in sé, ma nel modo in cui viene guidato e inserito in un processo.
In sintesi, questi sono i macro-principi che oggi orientano il nostro lavoro:
Obiettivi, pubblico, struttura e stile devono essere definiti prima: senza una guida umana forte, l’output è inevitabilmente generico o incoerente.
L’AI accelera l’esecuzione, ma non prende decisioni strategiche né creative. Il senso del contenuto, le scelte editoriali e la direzione restano responsabilità delle persone.
Testi e immagini generati devono sempre essere verificati, rifiniti e validati: per garantire accuratezza, qualità e coerenza con il brand.
Tool e modelli evolvono rapidamente, ma ciò che mantiene alta la qualità è il metodo: capacità di testare, confrontare e adattare continuamente il processo.
Questi principi non nascono da una teoria, ma da quasi due anni di sperimentazione quotidiana con strumenti di AI generativa applicati a testi e immagini. Test, errori, aggiustamenti e confronti continui ci hanno permesso di costruire un metodo che mette insieme tecnologia e competenze umane, senza scorciatoie.
Nel webinar “Contenuti e AI: cosa abbiamo imparato (finora)” entriamo nel dettaglio di questo percorso: raccontiamo cosa ha funzionato davvero, cosa abbiamo dovuto correggere strada facendo e come oggi integriamo l’AI nei nostri processi per ottenere contenuti più efficaci, senza rinunciare alla qualità e alla responsabilità editoriale.
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