L’organigramma è uno degli strumenti più utilizzati nelle organizzazioni per rappresentare la struttura gerarchica, le funzioni e le responsabilità. Tuttavia, nel contesto attuale, caratterizzato da complessità crescente e necessità di adattabilità, tale strumento rischia di diventare una rappresentazione statica e parziale della realtà. L'approccio agile invita infatti a privilegiare gli individui e le interazioni rispetto a processi e strumenti. In quest’ottica, l’organigramma deve essere ripensato come supporto alla collaborazione e non come vincolo.
Se da un lato l’organigramma rappresenta il percorso professionale ed economico delle persone, dall'altro non è in grado di descrivere le relazioni, le interazioni e le competenze effettive che animano l’organizzazione. Il rischio è quello di attribuire responsabilità o aspettative esclusivamente sulla base della posizione formale, trascurando il reale valore espresso nelle dinamiche quotidiane.
La leadership, in un contesto agile, non è una caratteristica attribuita in modo permanente o imposta dall’alto, bensì un riconoscimento emergente da parte del gruppo.
Un esempio emblematico è quello del Tech Leader: figura che può essere formalmente designata, ma la cui efficacia dipende dal riconoscimento spontaneo delle sue competenze da parte del team. Imporre una figura senza che essa venga accettata, infatti, può generare disallineamento, calo di performance e demotivazione.
In un contesto complesso, è preferibile che i ruoli emergano attraverso un processo di reciproco riconoscimento: io riconosco le tue competenze funzionali e tu riconosci le mie competenze metodologiche, ad esempio come Scrum Master. Questo approccio non elimina le responsabilità, ma le distribuisce in modo più naturale e sostenibile.
Le organizzazioni piatte funzionano efficacemente in contesti limitati, come startup o team ristretti. Tuttavia, secondo il numero di Dunbar, gli esseri umani possono mantenere relazioni sociali stabili con un massimo di circa 150 individui. Superato questo limite, diventa necessario adottare modelli organizzativi più strutturati per garantire chiarezza e sostenibilità operativa.
Ciò non significa rinunciare ai principi agili, ma piuttosto adottarli con consapevolezza, creando contesti nei quali il riconoscimento delle competenze continui a guidare la collaborazione, pur all'interno di una struttura più ampia e articolata.
Pur non rappresentando le relazioni informali, l’organigramma può essere uno strumento utile per orientarsi nella complessità organizzativa. Se interpretato come una mappa, può facilitare la comprensione delle aree di influenza, l’allocazione dei budget e l’identificazione dei referenti.
Il suo utilizzo più efficace si realizza quando viene affiancato da pratiche collaborative e da una cultura organizzativa improntata alla responsabilità condivisa.
Il paradigma tradizionale dell’organigramma, che colloca il management al vertice e gli operativi alla base, è superato nei contesti agili. La Servant Leadership propone invece un modello rovesciato: il management è al servizio dei team, che lavorano tutti i giorni per erogare valore ai clienti.
In questo modello, il manager agisce da facilitatore e coach, creando le condizioni ottimali per l’innovazione e la crescita. Il concetto di "Management by Coaching" diventa quindi una risposta concreta al bisogno di rinnovare il ruolo del middle management, spesso in crisi di identità nelle fasi di transizione organizzativa.
A questo proposito, è utile ricordare il principio di Peter: “In una gerarchia, ogni dipendente tende a salire di grado fino al proprio livello di incompetenza”. Senza meccanismi di feedback e adattamento, il rischio è reale. L’invito ai manager è quindi quello di rimanere attivi, contribuendo con progettualità e supporto, evitando il senso di vuoto che spesso deriva da giornate piene di riunioni e prive di impatto tangibile.
Poiché l’organigramma non è in grado di rappresentare la reale rete di competenze, è essenziale promuovere strumenti organizzativi trasversali. Le Community of Practice (CoP) e i Centri di Eccellenza (CoE) rappresentano due soluzioni complementari.
Le CoP aggregano persone intorno a pratiche condivise (tecnologie, metodologie) con l’obiettivo di scambiarsi conoscenze, diffondere buone pratiche e stimolare l’innovazione. Il loro valore aumenta con la dimensione dell’organizzazione, aiutando a costruire reti di apprendimento e collaborazione.
I CoE, invece, rappresentano gruppi di esperti con un mandato specifico: guidare e innovare in un determinato ambito. Ad esempio, un Centro di Eccellenza Agile può riunire i coach più esperti per definire linee guida e supportare l’evoluzione organizzativa. In contesti tecnologici complessi, un CoE può affiancare il CTO nella valutazione e scelta delle soluzioni più adatte, trasformando l’expertise diffusa in capacità decisionale condivisa.
In un mondo sempre più complesso e interconnesso, l’organigramma tradizionale mostra tutti i suoi limiti. Ripensarlo in chiave dinamica e collaborativa, integrandolo con pratiche agili, leadership distribuita e strumenti di rete, consente di costruire organizzazioni più resilienti, adattive e orientate al valore.
Il futuro dell’organizzazione non è più nella gerarchia, ma nell’equilibrio tra struttura e relazione, tra ruolo formale e competenza riconosciuta, tra controllo e responsabilità condivisa.
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