Nell’intero anno le transazioni sono diminuite nel complesso del 7,7% in volume rispetto al 2019. Una discontinuità rispetto alla fase precedente di risalita del ciclo, che deriva dalla distinzione tra centri e periferie. Le città capoluogo, infatti, sono state maggiormente penalizzate (-11,4%) rispetto ai non capoluoghi (-5,7%), invertendo la tendenza che aveva prevalso nella fase di avvio della ripresa del ciclo immobiliare. Peggiore della media è poi il risultato delle grandi città, che anche a fine anno, stentano a riprendere vivacità. Inoltre, in termini di superfici, l’andamento delle transazioni risulta più dinamico per le grandi superfici che per le piccole. I dati sembrano rispondere a cambiamenti strettamente legati ad alcuni effetti della pandemia. Nello specifico, la forte riduzione degli spostamenti, la diffusione di smartworking, smartlearning e DAD hanno dato centralità alla casa e hanno contribuito a rivitalizzare le periferie. È aumentato l’appeal di abitazioni più funzionali a uno stile di vita maggiormente centrato sulla vivibilità in termini di spazi (anche esterni) delle abitazioni principali, oltre che caratterizzate da prezzi/mq inferiori a scapito della localizzazione centrale.